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Mantenere le distanze è impossibile, così i mattatoi svelano le loro orribili condizioni. E non solo per gli animali, anche per gli operatori. In tutto il mondo stanno chiudendo. Sono nuovi focolai di coronavirus, anche in Italia

Nei macelli di tutto il mondo si continua a morire di coronavirus, la catena di montaggio non permette il distanziamento sociale e il rischio di contagio è altissimo. 40 impianti di lavorazione della carne hanno già chiuso. E, quasi sicuramente, presto non saranno gli unici.

Un report di Usa Today con il monitoraggio del Midwest Center for Investigative Reporting spiega cosa sta succedendo nei macelli di tutto il mondo e in particolare, in quelli americani dove in 179 impianti in 29 stati ci sono stati focolai da coronavirus, 45 lavoratori sono morti, ma sarebbero più di 10mila i contagiati. Secondo il Guardian le prima vittima è stata Elose Willis una donna di 56 anni che da 35 lavorava nella fabbrica Tyson foods a Camilla, nel sud-ovest della Georgia, cinque giorni alla settimana, 10 ore al giorno, macellando 100mila polli.

In varie interviste con gli allevatori di pollame in Georgia, Arkansas e Mississippi è emerso un modello di presunta negligenza, segretezza e cattiva gestione nelle strutture gestite da alcuni dei più grandi produttori di alimenti in America. Al costo basso della manodopera, si va ora ad aggiungere l’assenza del rispetto delle misure anti-contagio.

Eppure, nonostante i focolai, il presidente Donald Trump ha invocato il Defence Production Act (DPA) per imporre agli impianti di lavorazione della carne di rimanere aperti durante la pandemia, poiché lo stop ai macelli avrebbe causato la carenza di approvvigionamento di carne. Ma più di una settimana dopo l‘ordine di Trump, le chiusure hanno continuato senza sosta. Il 28 aprile hanno chiuso sette macelli, con un calo totale del 36% della produzione settimanale, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Trump plans to order meat-processing plants to continue operating. Separately, Trump said he will sign an executive order today to shield meatpacking companies from legal liability over failing to protect workers from the coronavirus.https://t.co/jo1gLXgdy2

- Kyle Griffin (@kylegriffin1) April 28, 2020

Ma come dicevamo, il problema non è solo americano, ma riguarda anche Irlanda, Spagna, Australia, Germania, Brasile, Canada e Regno Unito. I problemi sono gli stessi dappertutto: troppi lavoratori, assenza di distanziamento sociale, manodopera sfruttata e appartenente alle fasce più deboli. I contagi non riguardano solo i lavoratori, ma anche i loro familiari, sebbene molte aziende assicurano di aver implementato le misure di sicurezza.

Anche in Italia un macello pugliese ha chiuso i battenti per due settimane, dopo che 71 impiegati sono risultati positivi al virus. E potrebbe non essere l’unico…

Il 1 maggio, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie hanno pubblicato la propria contabilità di infezioni e decessi tra i lavoratori del confezionamento di carne. Ma quelle cifre sembrano essere obsolete, secondo il report. Ad esempio, il CDC riferisce che un lavoratore del confezionamento di carne è morto in Georgia.

Ma, a metà aprile, un portavoce di Tyson Foods ha confermato che erano morti quattro lavoratori di uno dei suoi stabilimenti della Georgia. Secondo la United Food and Commercial Workers International Union, che rappresenta il settore del confezionamento delle carni e della trasformazione dei prodotti alimentari, almeno 10 operai del settore delle confezioni di carne e tre dei lavoratori della trasformazione alimentare sono deceduti a causa del coronavirus. Almeno 5mila addetti al confezionamento di carni e 1500 addetti alla trasformazione alimentare sono stati direttamente colpiti dal virus.

I dati quindi sarebbero confusi, molti dipendenti per paura di ripercussioni e nell’incertezza economica, avrebbero continuato a lavorare tra la paura del contagio. Insomma, un macello che miete due vittime, gli animali e i lavoratori sfruttati.

Ecco tutto l’orrore dei macelli, che non riguarda “solo” gli animali, ma anche chi ci lavora…

Fonti: Midwest Center for Investigative Reporting/ The Guardian

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